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(13) Il modo in cui le cose cadono

La torre di Pisa
    La torre pendente di Pisa

    Galileo probabilmente fu il primo ad osservare attentamente in che modo gli oggetti cadono a terra. Secondo la leggenda, egli salì in cima alla torre pendente di Pisa e da lassù fece cadere simultaneamente delle sfere pesanti e leggere, e notò che arrivavano a terra nello stesso istante. Egli così dimostrò, contrariamente a quanto sostenevano gli antichi, che oggetti ("corpi") pesanti e leggeri cadevano con la stessa velocità. Gli studi di Galileo suscitarono grande interesse, poiché si applicavano non soltanto alla semplice caduta dei corpi -- come la caduta di una mela da un albero, che sembra abbia ispirato Newton -- ma riguardavano un argomento molto pratico come la traiettoria delle palle di cannone.

L'accelerazione

    Un oggetto lasciato cadere inizia la sua caduta piuttosto lentamente, ma poi acquista via via sempre più velocità (accelera) col passare del tempo. Galileo dimostrò che (trascurando la resistenza dell'aria) oggetti leggeri e pesanti accelerano in modo costante mentre cadono, cioè la loro velocità aumenta a ritmo costante. La velocità di una sfera lasciata cadere da una posizione elevata aumenta ogni secondo di una quantità costante, indicata in genere con la lettera g minuscola (iniziale di "gravità"). Con notazioni moderne (usando le convenzioni dell'algebra, in cui simboli o numeri scritti di seguito si intendono moltiplicati tra loro) la sua velocità è

all'inizio   -- 0 (zero)
dopo 1 secondo-- g metri/secondo
dopo 2 secondi-- 2g metri/secondo
dopo 3 secondi-- 3g metri/secondo

e così via. Tutto questo è un po' modificato dalla resistenza dell'aria, che diventa importante a velocità molto elevate e in genere fissa un limite superiore ("velocità terminale") alla velocità di caduta -- un limite che è molto più basso per chi usa un paracadute rispetto a chi non lo usa.

    Il numero g è prossimo a 10 -- più precisamente pari a 9,79 all'equatore, 9,83 ai poli, e valori intermedi nelle altre zone -- ed è noto come "accelerazione di gravità". Se la velocità aumenta di 9,81 m/s ogni secondo (un buon valor medio), si dice che g è uguale a "9,81 metri al secondo per secondo" o concisamente 9,81 m/s2.

Aggiungendo una velocità iniziale

    Supponiamo ora di dare alla sfera una velocità iniziale u verso l'alto oppure verso il basso. Se scegliamo come positive le distanze verso il basso, la velocità dovuta alla gravità sarà sempre positiva, mentre u sarà positiva se diretta verso il basso, e negativa se diretta vero l'alto.

    Con questa convenzione, le osservazioni mostrano che u deve essere sempre aggiunta alla velocità dovuta alla gravità, per cui la velocità nei secondi successivi (come è riportato sopra) sarà

u, u+g, u+2g, u+3g . . .

e in generale, dopo t secondi, con gt che significa "g volte t"

u + gt.

La distanza percorsa

Si può dimostrare che la distanza percorsa dalla sfera sarà la stessa di quella di una sfera che si muova con una velocità "media" v(media) uguale alla metà della somma della velocità iniziale e della velocità finale. Per la sfera in caduta libera dell'esempio precedente, dopo t secondi si avrà

v(media) = (1/2)[u + (u+gt)]

per cui la distanza percorsa è

distanza = t v(media) = ut + (1/2) gt2

L'esperimento di Galileo

Il libro "La particella di Dio" scritto dal premio Nobel Leon Lederman insieme a Dick Teresi (un buon libro se riuscite a sopportare il tono irriverente e un umorismo un po' banale) racconta di come Galileo dimostrò che il moto verso il basso di una sfera sotto l'azione della gravità ha una accelerazione costante, e che, partendo dalla quiete (u = 0), la sfera percorre distanze crescenti (come mostrato nella formula precedente) in proporzione al quadrato del tempo trascorso.

L'esperimento di Galileo

Poiché una caduta verticale sarebbe stata troppo rapida perché Galileo potesse osservarla accuratamente, egli rallentò il moto facendo rotolare la sfera lungo una tavola inclinata. Lungo la tavola, egli dispose trasversalmente un certo numero di fili orizzontali ben tesi, in modo che la sfera facesse risuonare un clic ogni volta che attraversava un filo. Quindi Galileo si mise a spostare i fili su e giù lungo la tavola, finché i suoni dei clic fossero ugualmente spaziati nel tempo.

Se ora l'accelerazione era a (molto minore di g) e il tempo t era misurato in clic, dalla formula precedente, partendo da una sfera in quiete (u= 0) si ottiene per la distanza S percorsa

Dopo un clic S = (a/2) 12 = a/ 2
Dopo due     S = (a/2) 22 = 2a
Dopo tre      S = (a/2) 32 = 4,5 a

e così via. Il rapporto tra le distanze deve essere quello dei numeri quadrati 1, 4, 9, 16, 25. . . e questo è quanto Galileo confermò. Se si convertono i clic in secondi, tenendo conto dell'angolo di inclinazione della tavola e anche del fatto che la sfera rotolava (una teoria che non era conosciuta ai tempi di Galileo), è possibile in linea di principio calcolare g da a.

    Un esperimento simile a quello di Galileo, facile da realizzarsi, è descritto alla fine di questo file.

Le cascate e il gioco del "baseball"

Se inoltre si dà alla sfera anche una velocità iniziale orizzontale w, il suo moto orizzontale continua indisturbato, avanzando di una distanza w ogni secondo, anche mentre la sfera sta cadendo verso il basso (trascurando la resistenza dell'aria). I due moti si svolgono simultaneamente, così che la sfera descrive una curva che diventa sempre più ripida poiché la velocità verso il basso (verticale) aumenta, mentre quella orizzontale rimane costante. E' questo il modo in cui si muovono le gocce d'acqua di una cascata, producendo, vista in sezione, la sua caratteristica forma (ved. figura a sinistra).

Il profilo di una cascata

La situazione che abbiamo visto tante volte nei cartoni animati di "Road Runner", dove Willy Coyote corre oltre un precipizio, rimane immobile nello spazio (prima di rendersi conto di stare nel vuoto), e poi piomba giù verticalmente, è pura fantasia, completamente contraria alle leggi della fisica. In realtà, anche in quel caso i due moti si svolgono simultaneamente. Allo stesso modo, un proiettile di fucile sparato contro un bersaglio comincia a cadere nell'istante in cui esce dalla canna. Regolando l'alzo del fucile in base alla distanza, si sposta il puntamento al di sopra della direzione del mirino, in modo che, alla distanza opportuna, la caduta del proiettile lo porti correttamente al livello del bersaglio.

Per un sasso lanciato verso l'alto, u è negativa, come lo sono le distanze verticali al di sopra del punto di lancio. In tal caso, sia û = -u un numero positivo. Allora, dopo t secondi

velocità = (-û + gt) m/s

All'inizio t è piccolo e la velocità è negativa, indicando che il sasso sta viaggiando verso l'alto. Nell'istante in cui

gt = û

la somma è zero e per un brevissimo istante il sasso è fermo, al culmine della sua traiettoria. In quel momento

t = û/g

e se si usa questo valore nella formula della distanza, si trova qual'è la massima altezza raggiunta. Infine, se si aggiunge a questo moto una velocità orizzontale costante w, si ottiene il moto di una palla di cannone o di una palla nel gioco del "baseball".

A proposito della resistenza dell'aria

Le formule riportate sopra valgono per una palla di cannone ideale che non incontri la resistenza dell'aria. Nella pratica reale, invece, la resistenza dell'aria modifica il moto e bisogna tenerne conto, specialmente nel caso della caduta di un oggetto leggero, come per esempio una piuma. In una dimostrazione scientifica popolare per secoli, si facevano cadere simultaneamente una piuma e una moneta in un tubo da cui era stata tolta l'aria: si vedevano i due oggetti cadere alla stessa velocità.

Una tale dimostrazione fu anche ripetuta sulla superficie lunare da David Scott, uno degli astronauti della missione Apollo. Non solo sulla Luna non c'è atmosfera, ma la sua gravità è diverse volte minore di quella terrestre, rendendo la caduta più lenta e quindi più facile da osservare. Davanti a una telecamera, l'astronauta lasciò cadere contemporaneamente un martello e una piuma, e tutti gli spettatori sulla Terra, guardando sullo schermo televisivo, videro i due oggetti cadere insieme.

    Secondo un aneddoto, Scott tentò prima l'esperimento fuori dal campo visivo della telecamera, per esssere sicuro che funzionasse. Non funzionò!   L'elettricità statica aveva fatto aderire la piuma al guanto della tuta spaziale. Mentre stava ancora cercando di risolvere il problema, a Scott venne chiesto di guardare verso la telecamera, e questa volta l'esperimento funzionò perfettamente.
(Forse si tratta solo di una leggenda moderna; ma, in caso contrario, merita di essere ricordata!).


Un esperimento simile a quello di Galileo

        Quello che occorre è un pezzo di cordicella robusta (una lenza da pesca o un filo dentale può andare bene) di circa 3 metri di lunghezza (10 piedi), e 5-6 piccoli pesi che vi si possano attaccare. Si possono usare dei dadi per grosse viti -- per viti da 12 mm (mezzo pollice), oppure una coppia di dadi per viti da 6 mm (1/4 di pollice) -- oppure dei piombini del tipo usato dai pescatori per tendere la lenza. In quello che segue si suppone trascurabile il peso della cordicella rispetto a quello dei pesi.

        L'idea base dell'esperimento è quella di attaccare i pesi alla corda a distanze con separazione gradualmente crescente. Quindi, tenendo sollevata la corda dalla parte dove i pesi sono separati da distanze maggiori (magari stando in piedi su una sedia, ma fate attenzione), la si lascia pendere in giù, in modo che il peso più in basso sia poggiato sul pavimento. Chiameremo quel peso "peso 0" e numeriamo tutti gli altri pesi in modo consecutivo, partendo dal basso, "peso 1", "peso 2" e così via.

        Ora lasciate andare la corda: udrete "clac-clac-clac", il rumore dell'urto dei vari pesi sul pavimento. Se il peso più in alto e quello più in basso sono separati da 1,25 metri, la durata della caduta sarà di mezzo secondo, e, con i 5 pesi rappresentati nel disegno, si dovrebbero udire gli urti a distanza tra loro di 1/4 di quell'intervallo di tempo. Con una cordicella più lunga, naturalmente, il tempo di caduta sarà più lungo.

        Il rumore dei "clac" equivale al rumore fatto sui fili dalle sfere nell'esperimento di Galileo. I suoni si dovranno udire a intervalli uguali di tempo: in caso contrario, regolate le distanze tra i pesi (ved. più avanti) fino a che questo avvenga (può essere utile fare questo esperimento in due persone, una che lascia cadere la cordicella e l'altra che ascolta i "clac"). A questo punto misurate la distanza di ogni peso dal "peso 0".

        Quando i rumori dei "clac" sono separati da uguali intervalli di tempo, chiamiamo T questo intervallo costante di tempo. Il peso 1 colpisce il pavimento a un tempo T dopo che sia stata lasciata cadere la cordicella, il peso 2 dopo un tempo 2T (due volte T), il peso 3 dopo un tempo 3T (tre volte T) e così via. Se la distanza percorsa da un oggetto che cade da fermo è proporzionale al quadrato del tempo (la formula è [1/2](g t2), allora le distanze del peso dall'estremità devono essere proporzionali a

          T2
      (2T)2     =     4 T2
      (3T)2     =     9 T2

    e così via, cioè devono stare in rapporto 1:4:9:16... Potete verificarlo: le distanze dei pesi 1, 2, 3, 4... divise per i quadrati di questi numeri, cioè per 1, 4, 9, 16..., devono dare sempre lo stesso valore.

        Quando attaccate i pesi, avvolgete il filo due volte attorno a ciascun dado, o coppia di dadi -- cioè se fate passare il filo dal lato "A" al lato "B", fatelo ripassare di nuovo dal lato "A" e avvolgetelo ancora un'altra volta. Con i pesetti da pesca, è sufficiente avvolgere il filo una volta sola. In questo modo, se volete poi spostare un peso, basterà allentare l'anello di filo, e quindi tirarlo da un lato e lasciarlo scorrere dall'altro. Per allentare una legatura troppo stretta può essere utile un ago un po' grosso o un chiodo sottile.

Ulteriori approfondimenti

Una unità di studio a livello universitario sul moto lungo un piano inclinato, mostrando che la gravità è "diluita" di un fattore sin A, dove A è l'angolo di inclinazione del piano. Questo aspetto è anche dicusso nella prossima sezione.

Articolo "La torre pendente di Pisa" di Paolo Heiniger, p. 62, Scientific American, Vol. 273, N. 6, Dicembre 1995.
Una panoramica a 360 gradi mostra una veduta grandangolare della torre e della zona circostante.


Domande poste dagli utenti:   Velocità di un'automobilina giocattolo su un piano inclinato

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Autore e Curatore:   Dr. David P. Stern
     Ci si può rivolgere al Dr. Stern per posta elettronica (in inglese, per favore!):   stargaze("chiocciola")phy6.org

Traduzione in lingua italiana di Giuliano Pinto

Aggiornato al 21 Marzo 2005