I livelli energetici
Furono in molti a lavorare sull'interpretazione di questo messaggio, e la storia raccontata qui è molto semplificata. La base di tutto era la formula di Einstein, scoperta nel 1905
E = hν
Essa suggeriva che un'onda elettromagnetica cedeva la sua energia in porzioni definite ("fotoni"), e che l'entità di tali porzioni era proporzionale alla frequenza ν di un'onda elettromagnetica (ν è la lettera greca "nu", anche se talvolta si usa invece la lettera "f").
Uno dei primi interpreti della formula di Balmer fu un giovane fisico danese, Niels Bohr, nel 1913. In precedenza, Bohr era stato un noto membro della squadra nazionale di calcio della Danimarca, benché in verità il vero campione della squadra era suo fratello Harald Bohr, che in seguito si distinse in matematica. Esaminando la formula di Balmer e anche il principio di combinazione di Ritz (ved. più avanti), Bohr suggerì che gli atomi potevano esistere (anche per brevissimo tempo) soltanto in certi livelli energetici, e la luce veniva emessa soltanto quando un atomo scendeva da un certo livello di energia più alta ad uno di energia più bassa.
L'atomo di idrogeno, per esempio, aveva i livelli energetici
– hcR /n2 (n = 1,2,3...)
(Le energie degli elettroni legati sono tutte negative -- come si può vedere dalla figura, all'inizio della sezione Q-6 -- e il loro valore aumenta con la forza del legame. Un elettrone con energia zero è sul punto di liberarsi, mentre avere un'energia positiva significa essere non legato. Allo stesso modo, l'energia di un pianeta o di un satellite, legato dalla forza di gravità, è negativa, arrivando a zero se l'oggetto raggiunge la velocità di fuga).
Quando un elettrone "decade" da un livello di alta energia (grande valore di n) ad uno di energia più bassa (valore più piccolo di n), per la formula di Balmer e quella di Einstein, l'energia del fotone emesso corrispondeva esattamente alla quantità di energia ceduta:
hν = hc/λ = hc R [1/n2 – 1/m2] (
m>n, n,m = 1,2,3...)
Il Principio di Combinazione di Ritz
Nel 1908 Ritz trovò che la formula di Balmer era soltanto un esempio prominente di un fenomeno molto più diffuso, negli "spettri di righe" emessi dai gas caldi. Valutando le differenze tra i valori di (1/λ) per le coppie di righe spettrali di un certo atomo, talvolta due diverse coppie davano la stessa differenza. Questo comportava naturalmente una analoga differenza di frequenza (c/λ), dove c è la velocità della luce nel vuoto.
Supponiamo che una riga spettrale, di frequenza ν1 sia il risultato di un salto da un'energia A a un'energia B, e un'altra riga, di frequenza ν2, corrisponda ad un salto da un'energia C a un'energia D. Allora
h ν1 = A – B
h ν2 = C – D
In tali atomi, potrebbero forse essere possibili delle transizioni anche da A a C, e da B a D, causando l'emissione di fotoni con frequenze ν3 e ν4. In questi casi
h ν3 = A – C
h ν4 = B – D
Se tali transizioni erano possibili, allora (come può essere verificato):
ν3 – ν4 = (1/h)[( A – C) – (B – D)] =
=
ν1 – ν2
Come si è già detto, la lunghezza d'onda delle righe spettrali (e quindi la loro frequenza) può essere determinata con altissima precisione. Pertanto, sarebbe stato piuttosto improbabile che relazioni come quelle scritte qui sopra si verificassero per caso. Ritz ed altri trovarono differenze concordanti (di vario tipo) molto più frequentemente del previsto, e questo avvalorò l'idea che gli atomi potevano esistere (almeno per brevi istanti) a differenti livelli energetici.
Ancora sui livelli energetici
Se gli atomi vengono lasciati indisturbati, in genere essi scendono al livello energetico più basso disponibile e vi rimangono, cioè restano nel loro "stato fondamentale". Tuttavia, occasionalmente, essi possono essere spinti verso stati di energia più alta ("diventano eccitati"), per esempio, a causa di una collisione con un atomo o un elettrone dotati di grande velocità, acquistata da una tensione elettrica o da una sorgente di calore. Un atomo che sia stato spinto verso uno dei suoi più alti "livelli eccitati" presto ricade a un livello più basso ("subisce un salto quantico"), emettendo un fotone la cui energia corrisponde alla differenza energetica tra i due livelli. Non è detto che si tratti dello stato fondamentale: l'atomo potrebbe decadere verso quello stato in più passi, emettendo ogni volta un fotone corrispondente.
In genere un tale decadimento avviene molto rapidamente, magari in nanosecondi, ma non sempre. I colori rossi e verdi delle aurore polari vengono emessi a lunghezze d'onda ben definite, che per lungo tempo non si riuscì a far corrispondere a nessuna di quelle osservate in laboratorio. Alla fine si trovò che si trattava di inusuali livelli eccitati dell'atomo di ossigeno. Nell'ossigeno denso, per esempio nelle sorgenti luminose in laboratorio, l'energia eccedente viene ceduta rapidamente attraverso le collisioni, ma nell'alta atmosfera, dove le collisioni sono rare, gli stati eccitati possono persistere per mezzo secondo o per intero secondo, finché un fotone verde o rosso viene emesso, portandosi via l'energia. Il lungo tempo di vita di questi livelli spiega il graduale svanire e riaccendersi delle raggiere di cui sono costituite le "cortine" delle aurore polari, uno spettacolo affascinante da ammirare, un po' simile all'illuminarsi e allo svanire dei fuochi d'artificio. Ogni raggio è formato da un fascio di elettroni guidato lungo una linea del campo magnetico.
Il principio di combinazione di Ritz permise ai fisici di tradurre il groviglio delle righe spettrali osservate in un più ordinato (e più limitato) schema di livelli energetici. Mediante la comprensione basata sulla teoria quantistica dell'atomo (ved. più avanti), tali livelli possono essere raggruppati in significative famiglie, dando origine ad altre domande. Per esempio: perché certe transizioni esistono mentre altre sembrano "proibite", anche se ci si potrebbe aspettare che anch'esse possano liberare energia?
Un'altra domanda era: perché a volte dei livelli si scindono in due o più livelli molto ravvicinati tra loro? Per esempio, la riga gialla del sodio in realtà è costituita da due lunghezze d'onda vicinissime tra loro.
 
Un effetto a questo collegato era lo sdoppiamento di una singola lunghezza d'onda spettrale in varie righe vicinissime tra loro, allorché la luce viene emessa da una regione con un forte campo magnetico. È questo l'effetto Zeeman, scoperto nel 1896 dall'olandese Pieter Zeeman, e la separazione delle lunghezze d'onda spesso dà un'indicazione dell'intensità del campo magnetico nella regione dove si trova la sorgente luminosa. Fu la suddivisione di Zeeman delle righe spettrali emesse dalle macchie solari che condusse George Ellery Hale nel 1908 a capire che le macchie solari erano in realtà fortemente magnetizzate, con un'intensità di circa 1500 gauss (0,15 Tesla).
I nuclei radioattivi emettono raggi gamma (raggi γ), fotoni con energie circa un milione di volte maggiori di quelle degli atomi. Ci volle molto tempo per riuscire a misurare la loro lunghezza d'onda con una certa precisione, ma attorno al 1949 ci si rese conto che anche per essi valeva il principio di Ritz. Questo confermò ciò che si pensava da lunga data, cioè che anche i nuclei atomici avessero i loro livelli energetici, e che le transizioni ad essi associate erano la sorgente dei raggi gamma.