Il magnetismo
Il magnetismo è piuttosto familiare a quasi tutti noi attraverso il ferro o altri materiali dello stesso tipo, opportunamente trattati, come si trovano nell'ago di una bussola, o nei piccoli oggetti usati per attaccare messaggi sulla porta del frigorifero, o anche impiegati per ricoprire nastri e dischetti su cui viene registrata la musica o i dati per i calcolatori. In realtà, questi "magneti permanenti" sono un fortunato caso della natura: infatti la maggior parte del magnetismo presente nell'universo non è generato in questo modo, ma mediante correnti elettriche.
Il magnetismo delle rare "calamite" naturali era già conosciuto nell'antica Grecia -- probabilmente notato per la prima volta nella città di Magnesia, da cui è derivato il nome di magnetismo. La bussola magnetica (scoperta già dai cinesi e poi riscoperta in Europa dall'amalfitano Flavio Gioia) fu usata da Colombo e dagli altri navigatori di quel periodo, ma fu soltanto nel 1820 che un professore danese, Hans Christian Oersted (ved. il suo ritratto a sinistra) scoprì per caso che una corrente elettrica che percorre un filo poteva deflettere l'ago di una bussola posta nelle vicinanze (si può fare clic qui per leggere tutta la storia). Un francese, André-Marie Ampère, mostrò poco dopo che il fenomeno fondamentale del magnetismo era la forza tra due correnti elettriche che scorrono lungo due fili paralleli; essi si attraggono tra loro se le correnti fluiscono nello stesso verso, e si respingono se le correnti fluiscono in verso opposto (si può fare clic qui per una discussione più dettagliata).
Proprio come le linee della latitudine e della longitudine ci aiutano a visualizzare la posizione di un punto sul globo terrestre, così le linee del campo magnetico (chiamate originariamente da Michael Faraday linee di forza) ci aiutano a visualizzare la distribuzione delle forze magnetiche nello spazio tridimensionale. Immaginiamo un ago di una bussola che possa ruotare liberamente nello spazio e orientarsi verso qualunque direzione la forza magnetica la attragga (tali aghi esistono -- ved. in fondo a questa pagina Web). Le linee del campo magnetico sono allora quelle linee immaginarie che segnano la direzione in cui si orienta un tale ago.
L'ago di una bussola, per esempio, ha due poli magnetici alle sue estremità, di uguale forza, il polo che punta verso il nord (N) e il polo che punta verso il sud (S), che prendono il nome dai punti della Terra verso cui puntano. Supponiamo ora che l'ago sia libero di puntare verso qualunque punto nelle 3 dimensioni. Nelle vicinanze del polo nord terrestre, dovunque collocato, l'ago punterebbe verso il polo, e le linee di campo convergerebbero quindi verso di esso (ved. figura). Se collocato invece nelle vicinanze del polo sud, l'ago punterebbe in direzione opposta da esso in tutte le direzioni, e quindi, in tal caso, le linee di campo divergerebbero dal polo, allontanandosi dalla Terra con una configurazione che è l'immagine speculare della configurazione al polo nord. Nelle regioni intermedie, le linee formano dei grandi archi al di sopra dell'equatore terrestre, con le estremità ancorate negli opposti emisferi.
Ogni barretta magnetizzata ha una struttura delle linee di campo come quelle della Terra, suggerendo che la Terra si comporta come se una corta ma potentissima barretta magnetizzata si trovasse al suo interno. In realtà non esiste una tale barretta, e questa configurazione ha origine dalle correnti elettriche che fluiscono nel nucleo terrestre, con lente variazioni, anno dopo anno. Comunque, il "magnete terrestre" resta un utile strumento di visualizzazione.
Quando si collocano due barrette magnetizzate vicine tra loro, i loro poli N e S si attraggono l'uno con l'altro, mentre i due poli N e i due poli S si respingono tra loro: così se vi fosse un magnete nascosto all'interno della Terra, il suo polo S sarebbe quello che punta verso nord, e che attrae il polo nord della bussola. Questo strano miscuglio di terminologie spesso confonde gli studenti: è meglio riconoscere che esiste questa terminologia, ma poi ignorarla.
Michael Faraday, che all'inizio del XIX secolo introdusse il concetto di linee del campo magnetico, credeva che lo spazio in cui si osservano le forze magnetiche venisse in qualche modo modificato. Il suo era un modo di vedere le cose un po' mistico, tuttavia i successivi sviluppi matematici trovarono la sua terminologia piuttosto utile, e ancora oggi ci si riferisce a quella regione di spazio come a un campo magnetico.
Il ciclo delle macchie solari
Le macchie solari furono studiate da Galileo e da Scheiner all'inizio del '600 (per una lunga e dettagliata trattazione sull'argomento, ved. qui), e successivamente accadde una cosa molto strana: per circa 70 anni (1645-1715) esse divennero una rarità. Alcuni ritengono che l'inusuale clima freddo che si verificò in quegli anni sia connesso con la scomparsa delle macchie solari, ma, in ogni caso, quando esse ricomparvero, l'attenzione degli astronomi era rivolta altrove. Fu solo nel 1843 che un astronomo dilettante tedesco, il farmacista Heinrich Schwabe (pron. Sciua-be), notò la loro più famosa caratteristica: il loro numero aumentava e poi diminuiva, con un ciclo piuttosto irregolare, della durata di circa 11 anni. Per maggiori dettagli sulla scoperta di Schwabe, si può vedere qui.
Da allora in poi, gli osservatori dei fenomeni solari hanno seguito con molta attenzione i cicli delle macchie solari, e hanno anche potuto ricostruire i cicli precedenti da osservazioni effettuate in passato, definendo un opportuno indice legato al "numero di macchie solari" per valutare il livello di attività solare. La natura delle macchie solari rimase sconosciuta fino al 1908, quando George Ellery Hale, usando uno strumento che gli permetteva di osservare il Sole in ristretti intervalli di colore corrispondenti all'emissione da parte di certe sostanze, segnalò che la luce proveniente dalla regione delle macchie era modificata in un modo da indicare che essa era generata in un intenso campo magnetico.
È risultato che il campo magnetico nelle macchie solari è intenso come quello che si trova vicino ai poli di un ferro magnetizzato -- ma che si estende su regioni di migliaia di chilometri di ampiezza. Usando le unità di misura convenzionali, l'intensità del campo magnetico nelle macchie raggiunge circa 1500 gauss (0,15 Tesla), mentre il campo nelle vicinanze della superficie terrestre è tipicamente attorno a 0,3-0,5 gauss, a seconda della località. Nello spazio interplanetario lungo l'orbita terrestre, il campo magnetico (portato dal vento solare proveniente dal Sole) è molto più debole, tipicamente attorno a 0,00006 gauss, mentre lungo le orbite dei pianeti esterni è anche 20 volte più debole. Tuttavia, anche lì, la strumentazione a bordo di sonde come il Voyager 2 è in grado di misurarlo in modo affidabile.
Le macchie solari presentano molte caratteristiche interessanti. In genere (ma non sempre) le macchie appaiono a coppie, con polarità magnetiche opposte. A metà di un ciclo solare, la macchia "anteriore" (nella direzione della rotazione del Sole) avrà sempre una polarità N, mentre la macchia "posteriore" avrà una polarità S. Nel ciclo successivo le polarità si scambiano sempre. Anche il campo magnetico generale, che genera i poli magnetici nord e sud del Sole, inverte la sua polarità ad ogni ciclo, e il momento dell'inversione avviene normalmente dopo 3 anni dal minimo della presenza delle macchie. Tutto questo suggerisce che il ciclo undecennale è un fenomeno magnetico. Gli astronomi ritengono che le correnti elettriche, che scorrono nel plasma solare e generano questi campi, traggono la loro energia dalla rotazione non uniforme del Sole -- più rapida all'equatore -- la quale a sua volta è alimentata dal flusso globale di gas solare.
Una nota sui campi magnetici solari
Il fatto che le macchie solari presentano intensi fenomeni magnetici è la prova che il moto in un fluido conduttore (come il plasma solare) può generare una corrente elettrica, il cui campo magnetico provvede a sostenere la corrente stessa. Questo ha condotto gli scienziati a pensare che forse un simile effetto di "dinamo fluido" avvenga nel nucleo terrestre liquido, e che sia la causa del campo magnetico della Terra (piuttosto che una strana sorta di magnetismo permanente). Oggi la "teoria della dinamo" è ben sviluppata, sia per la Terra che per il Sole. Per ulteriori dettagli si può vedere la pagina pricipale del sito "The Great Magnet, the Earth" (Il Grande Magnete, la Terra): http://www.phy6.org/earthmag/demagint.htm.
L'attività solare
Lo "spettroeliografo" di Hale, inventato nel 1892, che permette di osservare il Sole nelle strette bande cromatiche, ha permesso di notare un gran numero di fenomeni completamente nuovi. Molti sono connessi con le macchie solari, per esempio, le zone luminose o "facole" nella cromosfera, osservate nella riga rossa dell'idrogeno. Con questi metodi sono state anche possibili osservazioni limitate della corona interna, senza dover attendere i pochi istanti di un'eclisse totale di Sole. Si sono anche notati dei cambiamenti molto più rapidi di quelli precedentemente osservati nelle macchie solari, alcuni dei quali causano degli interessanti effetti magnetici sulla Terra.
I più rapidi e più significativi di questi fenomeni sono i brillamenti solari -- illuminazioni della cromosfera vicino a un gruppo di macchie, che si formano in qualche minuto e durano tra i 10 e i 30 minuti.
I brillamenti in genere si osservano nella luce rossa dell'idrogeno (Hα o "riga H-alfa"), ma la prima osservazione, avvenuta nel 1859, era quella di un raro "brillamento in luce bianca" osservabile con un telescopo ordinario (ved. qui e qui per un resoconto completo). Questo fenomeno fu seguito, 17 ore dopo, da una violenta tempesta magnetica, una perturbazione globale che interessò il campo magnetico di tutta la Terra: sembrò che qualcosa fosse stata espulsa dal Sole e avesse impiegato quel tempo per raggiungere la Terra.
Sappiamo ora che quel "qualcosa" era probabilmente una veloce nube di plasma, più veloce del vento solare, che in genere impiega 4-5 giorni per percorrere la stessa distanza. L'arrivo sulla Terra di una tale nube, con l'onda d'urto che si produce sul suo fronte anteriore, può essere molto drammatico (ved. qui per una tale episodio).
Il più notevole aspetto di un tale fenomeno è la rapidità con cui si manifesta. Se un tipico grosso brillamento si espande per 10 000 chilometri in 10 minuti, significa che si propaga a una enorme velocità. Alcune delle sue caratteristiche iniziano ancora più rapidamente, per esempio, l'emissione dei raggi X associata al fenomeno (osservabile dallo spazio) può prodursi appena in pochi secondi. Tutto questo suggerisce che la sorgente dell'energia non è il calore del Sole, che si espande e varia molto gradualmente, ma piuttosto l'intenso campo magnetico delle macchie solari (Per maggiori dettagli su questo argomento, ved. qui.)
Ulteriori approfondimenti
Una barretta magnetica, montata su uno snodo che le permette di ruotare in ogni direzione dello spazio, può essere acquistata dal fabbricante Cochranes di Oxford, Ltd., Leafield, Oxford OX8 5NT, Inghilterra. Sono disponibili due modelli, Mark 1 con lo snodo realizzato in pietra preziosa, da $36,60, e Mark 2 con lo snodo semplice, da $12,65. Per maggiori dettagli si può visitare il suo sito Web:
http://www.cochranes.co.uk/secondary.html (scorrere in giù la pagina fino a "Magnaprobe").
Alcune spettacolari macchie solari sono mostrate qui.
Domande poste dagli utenti:
Dobbiamo temere le grandi esplosioni solari?
Inoltre:
Il ciclo solare è forse causato dall'allineamento dei pianeti?
(Ed è connesso con l'inversione della polarità magnetica della Terra?)