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(18c)     Il lavoro

Il concetto di lavoro è connesso strettamente con quello di energia. In effetti, la definizione formale di energia è "la capacità di compiere un lavoro". Vediamo che cosa significa tutto questo.

    Il lavoro è associato a una forza che vince una resistenza. Il lavoro W effettuato contro una forza resistente F su una distanza x è definito come F moltiplicato x

W  =   Fx

    Occorre notare: F si deve opporre al moto. Se la direzione del vettore F è diversa dalla direzione di x, allora F deve essere decomposta nelle due componenti parallela e perpendicolare a x (come è stato discusso nella sezione 14) e soltanto la componente che si oppone direttamente al moto va usata nella formula per W.
    Inoltre se F varia nel corso del movimento, deve essere usata una opportuna media nella formula per W (occorrono nozioni di calcolo infinitesimale per valutare una tale media).

    Supponiamo di sollevare un peso A di massa m su una distanza h (in altezza) dal pavimento al tavolo (Figura 1). La forza che dobbiamo vincere è

F  =  mg
e il lavoro compiuto è
W  =   Fh  =   mgh

    Questa, tuttavia, non è altro che l'energia potenziale che si aggiunge al peso! Possiamo collegare il peso con una corda a un altro peso -- che indicheremo con B -- che stia sul pavimento, e far passare la corda su una puleggia. Allora (considerando una puleggia ideale senza attriti e una corda ideale senza peso), se la massa che sta sul tavolo viene spinta oltre il bordo, una minima spintarella verso il basso la farà scendere fino al pavimento, mentre B salirà al livello del tavolo.

    È stato compiuto il lavoro W per sollevare la massa B, mentre la massa A ha ceduto la sua energia potenziale. Questo esempio mostra che l'energia è in effetti "la capacità di compiere un lavoro": viene ceduta l'energia potenziale e in cambio viene compiuto un lavoro.

    Il lavoro compiuto per sollevare B è stato di nuovo investito per accumulare energia potenziale. Con pulegge e corde ideali, tale energia di nuovo uguaglia W, illustrando così il principio della conservazione dell'energia. In un sistema ideale senza perdite, questa energia può essere impiegata per sollevare A fino alla sua precedente altezza. Si noti che la nostra definizione operativa "l'energia è qualsiasi cosa che possa far girare una macchina" vale ancora, poiché far scendere un peso può in effetti far girare una macchina.

    L'energia si conserva sempre, ma -- come si è visto in una precedente sezione -- non sempre in una forma riutilizzabile. Supponiamo che il peso A sia legato, non a un peso uguale sul pavimento, ma a un blocco di cemento sul tavolo Figura 2). Se la forza di attrito radente del blocco sulla superficie del tavolo è esattamente uguale a mg, allora, facendo cadere A, il blocco scorrerà per una distanza h vincendo la forza F lungo quel percorso.

    Ma in questo caso l'energia potenziale mgh è stata convertita in calore, generato dall'attrito. Anche questa è energia, ma è un'energia dispersa a livello molecolare, difficile da riconvertire in lavoro. Come si è notato nella sezione 15 sull'energia, anche con dispositivi e sostanze ideali, la fisica ci può al massimo permettere di recuperare una certa frazione di quell'energia, ma mai tutta.



Curiosità:
  I due pesi A e B del primo disegno illustrano il principio delle funicolari, brevi ferrovie con un tratto che sale in linea retta su un ripido pendio di una collina o di una montagna. Le funicolari hanno sempre due piccoli convogli (talvolta costituiti da un'unica vettura), collegati con un cavo di acciaio. Il cavo va da un convoglio fino in cima all'altura, dove si avvolge diverse volte su un grosso cilindro, fatto girare da un motore, e quindi scende di nuovo agganciandosi all'altro convoglio.

  Dal momento che i due convogli sono collegati tra loro, quando uno sale l'altro scende, e, cedendo la sua energia potenziale, aiuta a tirare in su l'altro convoglio. Le varie stazioni lungo il percorso devono essere sempre coordinate, in modo che quando un convoglio in salita si ferma alla stazione X, quello in discesa si fermi alla stazione Y (e successivamente, con il convoglio in salita alla stazione Y, quello in discesa deve stare alla stazione X). Quando un convoglio raggiunge la stazione più in basso, l'altro raggiunge la stazione in cima.

  Si potrebbe pensare che siano necessari due binari, uno per ciascun treno. In effetti, è sufficiente un solo binario, purché a metà altezza, quando i due treni si incrociano, sia inserita una breve sezione a due binari, con degli scambi che automaticamente indirizzino ciascun treno su un binario diverso, così che si possano incrociare in tutta sicurezza. Anche i vagoncini appesi a un cavo delle funivie turistiche, che raggiungono le vette montane, sono in genere collegati a coppie allo stesso modo, ma sono appesi a cavi separati.


Sezione facoltativa: #18d: Il lavoro contro una forza elettrica: il generatore di Van de Graaff

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Autore e Curatore:   Dr. David P. Stern
     Ci si può rivolgere al Dr. Stern per posta elettronica (in inglese, per favore!):   stargaze("chiocciola")phy6.org

Traduzione in lingua italiana di Giuliano Pinto

Aggiornato al 14 Agosto 2005


Il lavoro contro una forza elettrica Mappa del sito

Sezione facoltativa

(18d)     Il lavoro contro una forza elettrica:
        il generatore di Van de Graaff

    Nei libri di testo, molti esempi di lavoro sono basati su casi in cui occorra vincere la forza di gravità -- come negli esempi riportati nella precedente sezione 18. Se si solleva un mattone dal pavimento al tavolo, si compie (o "si investe") un lavoro e si guadagna energia potenziale gravitazionale, e questa energia può essere riconvertita nel lavoro necessario a sollevare un diverso mattone.

    Ma in natura esistono anche altre forze, come la forza elettrica.

Le forze elettriche

    La materia ordinaria consiste di elettroni negativi e nuclei atomici positivi, e le loro cariche elettriche si attraggono reciprocamente. È questo ciò che tiene insieme gli atomi! La materia ordinaria possiede una uguale quantità di cariche positive e di cariche negative.

    Tuttavia, strofinando (diciamo) un pezzo di vetro con un panno asciutto di lana, gli elettroni possono essere rimossi, lasciando il vetro positivo, mentre gli stessi elettroni sono catturati dal panno che quindi acquista una carica negativa. Altri materiali (come l'ambra) attraggono gli elettroni dal panno di lana e quindi diventano negativi quando vengono strofinati. Gli oggetti con carica positiva attraggono quelli con carica negativa, ma due oggetti caricati positivamente, oppure due oggetti caricati negativamente, si respingono tra loro.

    Esistono altri modi per staccare gli elettroni dalla materia, ma il processo è auto-limitante. Supponiamo infatti di depositare degli elettroni aggiuntivi su un oggetto: l'oggetto diventa carico negativamente, ma così respingerà ogni altro elettrone, non permettendo una ulteriore aggiunta alla sua carica. Matematicamente questo può essere espresso da una "pressione elettrica" negativa (nota anche come "voltaggio" negativo, poichè viene misurata in unità chiamate volt) che respinge ogni altra carica negativa. Se questo voltaggio (o "tensione") diventa troppo elevato, gli elettroni possono essere espulsi sotto forma di scintilla, ed esiste un effetto simmetrico per le cariche positive, in cui gli elettroni vengono violentemente attratti dai materiali circostanti. Questo è ciò che accade nei fulmini, dove i processi in una nube temporalesca (ved. figura qui sotto) separano le cariche elettriche e generano alte tensioni.

    In generale, le punte producono scintille, anche a basse tensioni, mentre una grossa sfera, con una curvatura piuttosto blanda, difficilmente produce scintille. La cosa interessante da notare è che la forza di repulsione (o di attrazione) esiste soltanto al di fuori della sfera: all'interno di una cavità chiusa non si osservano forze o tensioni elettriche. Vi potrà far piacere sapere che se state seduti all'interno della carlinga chiusa di alluminio di un aeroplano, mentre questa viene ccolpita da un fulmine, le forze elettriche non vi provocheranno alcun effetto.

L'invenzione di Van de Graaff

    Nel 1929 Robert Van de Graaff a Princeton trovò un nuovo metodo per caricare una sfera cava con un'alta tensione. Egli montò la sfera in cima a una colonna ben isolata elettricamente, dentro la quale una cinghia di gomma scorreva attorno a due pulegge -- una dentro la sfera, e l'altra (fatta girare da un motore) alla base della colonna. Alla base della colonna vi era anche un generatore di tensione negativa, collegato a una serie di punte che inviavano cariche negative sulla cinghia. Anche le cariche positive possono essere inviate, ma in questo caso ci occuperemo degli elettroni. L'altra estremità del generatore di tensione era collegata a terra, cosicché quando gli elettroni venivano espulsi, ne arrivavano altri a rimpiazzarli, evitando in tal modo un accumulo di cariche positive.

    Poiché la gomma non conduce l'elettricità (cioè non consente alle cariche elettriche di muoversi da un punto all'altro, come avviene nei metalli), la cinghia trasporta le sue cariche dentro la sfera, nel cui interno un'altra serie di punte, poste vicine alla cinghia, le raccoglievano. Le punte erano collegate con dei fili alla sfera, cosicché la carica si distribuiva su di essa.

    Progressivamente la sfera diveniva sempre più negativa. Questo non impediva che gli elettroni si scaricassero all'interno della cavità, ma la tensione all'esterno, tuttavia, poteva salire fino ad alcuni milioni di volt. Quando questa tensione diventava abbastanza alta, in genere una scintilla, simile a un fulmine, si scaricava verso il suolo o verso un opportuno bersaglio metallico. Nel Museo delle Scienze di Boston (come in molti altri musei del mondo) è installato un generatore di questo tipo, che viene usato per offrire ai visitatori una impressionante dimostrazione.

L'energia e il lavoro compiuto

    Mentre la sfera si carica, essa accumula energia elettrica. Da dove proviene quell'energia? Semplice. Abbiamo detto che anche quando la sfera è caricata a milioni di volt, all'interno sono assenti le forze elettriche, che quindi non pongono alcun ostacolo all'invio delle cariche dalla cinghia alle punte. Ma all'esterno della sfera tali forze esistono! Quando la cinghia trasporta le cariche elettriche negative verso la sfera deve vincere la forza repulsiva F delle cariche negative che si trovano già sulla sfera... e quindi compiere un lavoro! È il motore che deve vincere questa repulsione, e quindi è il motore la sorgente di energia. Se uno studente prova a far muovere la puleggia in basso mediante una manovella, sarà lui a fornire l'energia, ma dovrà fare attenzione alle scintille!

Il fulmine

(Desidero ringraziare il Prof. Martin Uman dell'Univ. della Florida a Gainesville per aver corretto la versione iniziale di questa sezione).

    Un simile processo può essere responsabile delle alte tensioni che producono i fulmini durante un temporale?

    Una nuvola temporalesca è essenzialmente un violento flusso verso l'alto di aria umida. Salendo, l'aria si espande e si raffredda, ma l'aria circostante, a quota più elevata, è ancora più fredda: il flusso di aria continuerà a salire oppure no, a seconda che l'aria sia più calda o più fredda dell'aria circostante. Il flusso ascendente in un temporale cede la sua umidità sotto forma di pioggia (l'aria più fredda non può trattenere così tanta umidità) e questo processo, come può essere dimostrato, genera ulteriore calore. L'acqua quindi mantiene l'aria a una temperatura più alta di quella circostante, e perciò continua a salire. Il risultato è un moto in due direzioni: un vento che soffia verso l'alto, e contemporaneamente le gocce di pioggia che cadono verso il suolo.

    Alcune gocce di pioggia sono spinte in alto dal vento, a quote così alte che esse si trasformano in ghiaccio, e in questo modo riscaldano ulteriormente l'aria. (I coltivatori di aranci in Florida spruzzano l'acqua sulle piante, quando la temperatura scende sotto lo zero: l'acqua si congela e cade a terra, mentre gli alberi si mantengono più tiepidi). Infine le gocce congelate cadono al suolo di nuovo sotto forma di grandine, in genere in concomitanza con i temporali. I grossi chicchi di grandine apparentemente iniziano come grandine normale, raccolgono altra acqua mentre cadono, e poi sono spinti in alto di nuovo. La trasformazione dell'acqua in ghiaccio è importante, poiché le osservazioni hanno mostrato che l'elettricità dei temporali è generata dal ghiaccio e non dall'acqua liquida.

    I frammenti di ghiaccio prodotti in una nuvola possono essere di varie grandezze: quelli grossi tendono a cadere, ma quelli piccoli in genere sono spinti in alto, e questi due tipi si urtano tra loro. Le collisioni possono separare le cariche (un po' come l'elettricità prodotta per strofinio): i frammenti di ghiaccio più piccoli tendono a perdere elettroni e quindi diventano positivi, e poiché la carica totale deve essere zero, questi elettroni ceduti caricano negativamente le particelle di ghiaccio più grandi. L'entità dell'effetto dipende fortemente dalla temperatura -- anche il segno delle cariche trasferite si inverte per certe temperature -- e questo porta ad altre caratteristiche della generazione dei fulmini. Questo processo è in corso di studio da parte del Dott. Clive Saunders dell'Università di Manchester e di altri.

    Poiché i due tipi di frammenti di ghiaccio hanno cariche elettriche opposte, essi si attraggono: ma la gravità attira i più grandi verso il basso, mentre il vento trasporta quelli più piccoli ancora più in alto, e, nel separare i due tipi, queste due forze compiono un lavoro contro l'attrazione elettrica.

    La situazione è quindi un po' simile a quella del generatore di Robert Van de Graaf, tranne che in quel caso la cinghia di gomma doveva vincere la repulsione, mentre qui le forze del vento e della gravità devono vincere un'attrazione. Comunque il lavoro è sempre un lavoro, e compiendolo si aumenta l'energia immagazzinata nel sistema. La sommità della nuvola, dove vanno a finire i frammenti di ghiaccio più piccoli, si carica ad un'alta tensione positiva, fino a che l'aria non riesce più a trattenere la carica elettrica che cresce, e... ZAC! BUM!


Curiosità

    Il procedimento con cui le cariche elettriche vengono "spruzzate" dal generatore di tensione alla cinghia, nella macchina di Van de Graaf, è anche alla base del funzionamento delle fotocopiatrici, o "macchine xerox". Il prefisso "xero-" viene dal greco e significa "secco", e questo perché il processo di stampa utilizza un inchiostro secco.

    Nelle fotocopiatrici, una carica elettrica viene "spruzzata" su un rullo rotante fatto di uno speciale materiale isolante, che diventa conduttore di elettricità quando è colpito da luce bianca o blu. Dopo che il rullo è stato caricato, l'immagine della pagina da copiare viene proiettata su di esso, e tutte le parti dell'immagine che sono bianche diventano elettricamente conduttrici e perdono così la loro carica, mentre le immagini delle lettere nere rimangono cariche. Facendo ruotare ulteriormente il cilindro, della polvere finissima di carbone ("inchiostro secco", o "toner", che contiene anche un poco di collante) viene attratta dalle cariche elettriche e si attacca al rullo, e successivamente questo "inchiostro" si trasferisce su un foglio di carta, al quale aderisce con l'aiuto del calore. Anche le stampanti laser funzionano sullo stesso principio.

Quando i fogli si "appiccicano"

    Oltre a copiare testo e immagini su un foglio di carta, le copiatrici "xerografiche" possono anche produrre copie su fogli trasparenti di acetato o di altri simili materiali plastici, per essere utilizzati con le lavagne luminose. Se vi è talvolta capitato di dover preparare un certo numero di tali trasparenze e di impilare i fogli uno sull'altro, avrete sicuramente constatato che la loro carica elettrostatica li fa attaccare insieme piuttosto fortemente.

    Naturalmente, è possibile staccare i fogli l'uno dall'altro, ma la loro carica elettrica non viene rimossa. In effetti, sembra che le cose siano peggiorate! Quello che accade è che tirando i fogli per staccarli, si è compiuto un lavoro contro la forza elettrica, e questo lavoro ha fatto crescere il voltaggio della carica elettrica, proprio come il ghiaccio in una nube temporalesca o in un generatore di Van de Graaff. Un effetto simile si verifica quando ritirate dalla asciugatrice gli indumenti di fibra sintetica, caricati dallo strofinio. Separandoli, viene compiuto un lavoro che aumenta il voltaggio, tanto che si possono anche produrre scintille e talvolta perfino piccole scariche elettriche. Esiste ancora un antico dispositivo elettrostatico per aumentare la tensione statica in un modo simile: si chiama "elettroforo", inventato nel 1782 da Alessandro Volta, l'inventore che in seguito ideò la prima pila elettrica ("pila voltaica") e che è stato onorato dando il suo nome all'unità di tensione elettrica, il "volt".

    Per quando riguarda i fogli di acetato che si attaccano tra loro: Un buon metodo è quello di non impilarli subito appena escono dalla fotocopiatrice. Appoggiateli separatamente su una superficie metallica (un tavolo, uno scaffale o un armadietto) e lasciateli raffreddare. Successivamente, quando dovete riunirli, teneteli separati, inserendo un foglio di carta tra l'uno e l'altro.


Per saperne di più

    Un sito che illustra i Generatori di Van de Graaff del Museo delle Scienze di Boston. Costruiti da Robert Van de Graaff dopo che divenne professore all'MIT, in seguito furono donati al museo. La loro storia, illustrata da fotografie uniche si trova qui, mentre la vita del Prof. Van de Graaff è descritta qui. Una spettacolare fotografia del generatore in funzione, nel Museo di Boston, è stata pubblicata sulla rivista "National Geographic", nel numero di ottobre 2001, a pagina 10.

    Un sito che riguarda gli effetti dei fulmini.

    La "Pagina di Van de Graaff" dello "Science Hobbyist Static Electricity Science Club" http://www.amasci.com/emotor/vdg.html.

    Un articolo sulla vita di Robert Van de Graaff si può trovare a pagg. 463-7 nel fascicolo n. 8 della rivista "The Physics Teacher", vol. 42, Novembre 2004.

    Riservato ad esperti, con accesso a una biblioteca scientifica: Per dare un'occhiata a un ampio studio dei complessi fenomeni con cui le goccioline d'acqua e i frammenti di ghiaccio si caricano di elettricità in una nuvola, ved. "La fisica delle nuvole" di Basil J. Mason, xvi + 671 pp, 2ª edizione, Oxford 1971.

... E a proposito: In onore di Van de Graaff è stato dato il suo nome a uno dei crateri sulla faccia nascosta della Luna. In seguito, i subsatelliti dell'Apollo 15 e dell'Apollo 16 (1971-1972) hanno scoperto che la crosta della superficie lunare è magnetizzata a chiazze, come è stato poi anche trovato per Marte, benché il campo magnetico lunare sia molto più debole. Una chiazza magnetica molto intensa è stata trovata proprio vicino al cratere Van de Graaff.
      Nel film "2001 - Odissea nello spazio", una zona fortemente magnetica sulla Luna era stata l'indizio per scoprire il "monolito nero", sepolto lì da qualche esploratore di una civiltà aliena, molto avanzata. Vogliamo indovinare che cosa si può trovare là vicino?


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I vettori
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(14) I vettori

I vettori come estensione dei numeri

L'idea dei numeri si è sviluppata molto gradualmente. Dapprima vennero gli interi positivi -- 1,2,3... (non lo zero, che è stata un'aggiunta molto più recente) per descrivere gli oggetti contabili, come le pecore, i giorni, i membri della tribù, ecc.

Il concetto dei numeri negativi può essere stato originato da un'estensione della sottrazione, o forse dal denaro -- il denaro dovuto era una ricchezza "negativa", scritta in rosso nel registro contabile.

Oggetti che potevano essere suddivisi, come per esempio le terre, portarono alle frazioni. Attorno al 500 a.C. uno studente di Pitagora dimostrò che il numero corrispondente alla radice quadrata di 2 non poteva essere espresso come una frazione; questo non aveva molto senso per quei tempi, per cui ancora oggi chiamiamo quei numeri "irrazionali". Con questi numeri, interi, frazioni e irrazionali, può essere descritto tutto ciò che ha una dimensione, una grandezza.

Ma come facciamo a descrivere una velocità, che ha, oltre a una grandezza, una direzione?

Con un vettore, naturalmente.

Somma di vettori

Le velocità possono essere sommate. Supponiamo che un aeroplano voli a 300 km/ora con un vento in coda di 60 km/ora. Quanto velocemente si sposta rispetto al suolo? Facile: per ogni 300 km di percorso, il vento lo trasporta in avanti di altri 60 km, per cui la risposta è

300 + 60 = 360 km

Graficamente, ogni distanza sul suolo, od ogni velocità, può essere rappresentata da una freccia che dà la direzione, e la cui lunghezza rappresenta la grandezza: per esempio, una freccia AB lunga 300 mm (millimetri) corrispondente al moto dell'aeroplano e un'altra BC, lunga 60 mm, nella stessa direzione, corrispondente al vento. Per sommare le due velocità, basta posizionare le due frecce, una di seguito all'altra, come nella figura più in alto, qui accanto.

Fin qui è soltanto un modo complicato per fare un qualcosa di ovvio. Quello che rende la "somma delle frecce" veramente utile è il fatto che il procedimento è valido anche quando le direzioni delle due frecce sono diverse. Supponiamo ora che l'aeroplano voli contro un vento di 60 km/ora: ci si aspetterà che la velocità rispetto al suolo sia

300 - 60 = 240 km/ora

e la "somma delle frecce" (figura centrale) ce lo conferma.

Supponiamo adesso che la rotta dell'aereo sia diretta verso est, ma con un vento di 150 km/ora che soffia di lato verso nord-est: in che direzione si muoverà l'aereo, e quanto velocemente? L'intuizione questa volta non ci aiuta, ma il metodo della somma delle frecce funziona ancora (figura più in basso, non in scala).

Come regola generale, la combinazione delle due velocità porta l'aeroplano, in un'ora, nello stesso punto che si raggiungerebbe se la prima velocità e poi la seconda agissero separatamente durante un'ora di tempo. Come ci si può aspettare, la direzione combinata corrisponde a una via di mezzo tra est e nord.

  Tutti i vettori possono essere addizionati in questo modo, come frecce collocate con la coda dell'una sulla punta della precedente. Esiste comunque anche un altro metodo, spesso più facile da usare, che verrà descritto più avanti.

Scomposizione di un vettore nei suoi componenti

  Così come è possibile combinare due vettori in uno -- la loro somma -- è anche possibile eseguire l'operazione opposta, cioè, dato un singolo vettore, trovare due vettori che sommati siano equivalenti ad esso.

  Supponiamo che un dato singolo vettore sia rappresentato dalla freccia AB nel disegno, e desideriamo scomporlo nella somma di due vettori diretti lungo AA' e AA". Tracciamo due linee lungo AA' e AA", e inoltre due linee parallele ad esse che finiscano nel punto B, l'altra estremità del vettore. Se AA' e AA" sono perpendicolari tra loro (che è il caso più usuale), queste linee racchiuderanno un rettangolo ACBD, di cui AB è la diagonale. È ora evidente che AC e CB costituiscono la soluzione del nostro problema, e, con una addizione di vettori

    AC + CB = AB
  AC e CB sono chiamate le componenti di AB (o i vettori componenti di AB) lungo le due direzioni assegnate. AD e DB, che hanno la stessa lunghezza e la stessa direzione, sono anch'esse una soluzione e rappresentano le stesse componenti, con la differenza che in questo caso l'addizione viene effettuata in un ordine inverso. Se poi AA' e AA" non sono perpendicolari, allora ACBD è un parallelogramma.

Uso delle componenti di un vettore

  Scomporre un vettore nelle componenti può essere molto utile. Sono riportati qui sotto tre esempi, ed altri esempi si trovano nella sezione (22a).

(a) Sommare molti vettori

  Supponiamo che venga richiesto di sommare 10 vettori (in effetti situazioni di questo genere possono presentarsi...). Per effettuare questa operazione col metodo descritto precedentemente, si addizionano i primi due vettori, posizionando la coda del secondo sulla punta del primo, quindi si addiziona il terzo vettore alla somma dei primi due, e poi si passa al quarto... un lavoro molto noioso!

  Un modo molto più rapido è quello di scegliere due direzioni perpendicolari tra loro: con la notazione delle coordinate cartesiane, una direzione sarà chiamata la "direzione x" e l'altra la "direzione y". Si scompone quindi ogni vettore V in una "componente x" Vx lungo la direzione x e una "componente y" Vy lungo la direzione y.

   Adesso abbiamo non 10 ma 20 vettori che devono essere addizionati, ma il lavoro è molto più facile. Di questi vettori, 10 sono allineati con la direzione x, e vettori nella stessa direzione (come le velocità con il vento in coda e contro vento nel precedente esempio dell'aeroplano) si sommano come numeri ordinari. Lo stesso vale per gli altri 10 vettori allineati con la direzione y. Il problema si riduce a una fila di ordinarie addizioni e sottrazioni (vettori orientati in verso opposto hanno il segno negativo), e soltanto l'ultima fase -- quella di sommare tra loro il totale della direzione x con il totale della direzione y -- richiede un procedimento di somma di vettori.

    Nota: Il mondo reale è tridimensionale, e così sono i vettori. Anche i vettori in tre dimensioni possono però essere decomposti, ciascuno di essi risultando uguale alla somma di tre vettori nelle direzioni (x, y, z), e il rettangolo diventa un parallelepipedo, cioè una sorta di scatola rettangolare. Le componenti dello stesso tipo possono essere addizionate come nel caso bidimensionale visto sopra, e l'addizione finale comporta soltanto una somma dei vettori con ciascuna orientazione. Il vettore somma è ora la diagonale della scatola rettangolare, di cui le tre somme sono i lati.

(b) Calcolare un vettore somma

L'addizione dei vettori con il metodo di posizionare la coda dell'uno sulla punta del precedente consente di effettuare la loro somma graficamente. Le componenti consentono di ricavarla con il calcolo.

Riprendiamo l'esempio precedente dell'addizione di vettori -- un aeroplano che vola verso est a 300 km/ora (la sua velocità anemometrica, cioè la sua velocità rispetto all'aria), mentre un vento a 150 km/ora soffia verso nord-est. Il triangolo che rappresenta la somma vettoriale di questo esempio si trova in fondo alla prima figura di questa sezione.

Sia la direzione x quella verso est e la direzione y quella verso nord. Allora, le componenti (x,y) della velocità sono, in km/ora,

  • --quelle della velocità rispetto all'aria, (300,0)
  • --quelle della velocità del vento (150 cos 45o,150 sin 45o) = (106, 106)
poiché cos 45o = sin 45o = 0,707 (ricavato qui). Pertanto le componenti della velocità totale sono

(Vx,Vy) = (300+106,0+106) = (406,106)

Questo risultato fornisce la velocità totale V. Per il teorema di Pitagora,

V2  = (Vx)2 + (Vy)2

e quindi la grandezza di V è approssimativamente 420 km/ora, dove l'angolo acuto nel punto A della figura (che pure chiameremo A) soddisfa la relazione

sinA = 106/420 = 0,2524

Da cui risulta che A è circa 16,62 gradi.

(c) Il piano inclinato

  Questo esempio ci riporta all'esperimento di Galileo. Supponiamo di avere un piano leggermente inclinato a un angolo s (ved. disegno qui sotto) e su di esso un blocchetto ben lubrificato, pronto per essere fatto scorrere sul piano (Galileo aveva usato delle palline fatte rotolare sul piano inclinato, ma, se questo esperimento era più facilmente realizzabile, era però più difficile da calcolare, poiché l'energia cinetica viene suddivisa tra quella del moto traslatorio e quella del moto rotatorio della pallina). Se l'attrito è trascurabile, quanto velocemente il blocchetto scivola giù?
  La forza di gravità che agisce sul blocchetto (tale forza ha un nome: è il peso W del blocchetto) può essere rappresentata dalla freccia verticale AB di lunghezza W, orientata verso il basso. Questa non è però la direzione in cui il blocchetto può accelerare. Il vettore AB deve essere scomposto in due forze perpendicolari tra loro:

  • Una è perpendicolare alla superficie, è rappresentata dal segmento AC ed ha una grandezza pari a W cos s. Questa forza è completamente annullata dalla resistenza della superficie, la quale non consente alcun moto in quella direzione. Se nel moto si considera l'attrito, tuttavia, la forza di attrito è proporzionale a questa componente.

  • L'altra forza è parallela alla superficie, è rappresentata dal segmento AD, ha una grandezza W sin s, se non c'è nessun attrito a ostacolare il moto, ed è quella che consente al blocchetto di accelerare in quella direzione. La forza è più piccola del peso W di un fattore moltiplicativo sin s, un numero sempre più piccolo di 1, mentre la massa del blocchetto resta inalterata. La sua accelerazione è quindi ridotta dello stesso fattore e non corrisponde a g, come avverrebbe in caduta libera, ma è soltanto g sin s.

Ulteriori approfondimenti:

Un'altra elementare introduzione ai vettori.

Il prossimo argomento: #15 L'energia

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L'applicazione della terza legge di Keplero Mappa del sito

(21a) L'applicazione della terza legge di Keplero

Per un'orbita circolare intorno alla Terra, abbiamo trovato

T2 = (4π2/g Rt2) r3

con T in secondi e r in metri. La distanza di un satellite dal centro della Terra, espressa in metri, è un numero troppo grande e poco maneggevole, anche prima di elevarlo alla terza potenza. Moltiplichiamo allora l'espressione a secondo membro per (Rt3/Rt3) = 1 e riaggiustiamo i termini:

T2 = (4π2/g Rt2) (Rt3/Rt3) r3 = (4π2Rt/g) (r/Rt)3

Il rapporto r' = (r/Rt) è la distanza orbitale espressa in unità di raggi terrestri. Questo numero è in genere compreso tra 1 (al livello della superficie terrestre, r = Rt) e 60 (alla distanza dell'orbita lunare, r ~ 60 Rt).

Inoltre, questo rapporto è sempre lo stesso, sia che r e Rt siano espressi in metri, in iarde o in miglia marine, purché sia r che Rt siano espresse nelle stesse unità. L'altro termine verrà ora calcolato qui di seguito (gli spazi tra le parentesi indicano una moltiplicazione; potete anche verificare i passaggi con una calcolatrice).

(4π2Rt/g) = (4) (9,87) (6 371 000)/9,81 = 25 638 838

Indicando con √ il segno di radice quadrata

√(25 638 838) = 5063,5 Da cui

T2= (5063,5)2 (r')3

T= 5063,5 secondi×√(r')3 = 5063,5 sec×r'×√(r')

Questa è la pratica forma della 3ª legge di Keplero per i satelliti della Terra. Un ipotetico satellite che volasse radente alla superficie terrestre (r' = 1) avrebbe un periodo

T = 5063,5 sec = (5063,5/60) minuti = 84,4 minuti

La Navetta Spaziale deve uscire dall'atmosfera e andare un po' più in alto. Diciamo che la sua orbita si trova a una distanza r' = 1,05 con √(r') = 1,0247. Pertanto

T = (5063,5) (1,05) (1,0247) = 5448 secondi = 90,8 minuti

I satelliti internazionali per le comunicazioni orbitano nel piano equatoriale terrestre e hanno un periodo orbitale di 24 ore. Mentre la Terra ruota, essi le corrono dietro e perciò stanno sempre nello stesso punto del cielo. Qual'è la loro distanza?

In questo caso T è noto e dobbiamo solo trovare r':

T = 24 ore = 86 400 sec = 5063,5 √(r')3

√(r')3 = 86 400/5063,5 = 17,0632

Se tutti i numeri su questa riga sono uguali, saranno uguali anche i loro quadrati, per cui

(r')3 = (17,0632)2 = 291,156

Ora occorre una calcolatrice per ricavare la radice cubica (oppure, che è la stessa cosa, la potenza 1/3 = 0,333...). Si ottiene

r' = 6,628 raggi terrestri

per la distanza dei satelliti "geostazionari". I satelliti per il "Global Positioning System" (GPS), per mezzo dei quali, con piccolo strumento che sta nel palmo di una mano, si può conoscere la propria posizione sulla superficie del globo terrestre con sorprendente accuratezza, hanno orbite con un periodo di 12 ore. Volete provare a calcolare la loro distanza?


Un argomento facoltativo (il 1º di 3): (21b) Il volo verso Marte: Quanto dura? Con quale percorso?

Il prossimo argomento: (22) Sistemi di riferimento: Generalità

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Autore e Curatore:   Dr. David P. Stern
     Ci si può rivolgere al Dr. Stern per posta elettronica (in inglese, per favore!):   stargaze("chiocciola")phy6.org

Traduzione in lingua italiana di Giuliano Pinto

Aggiornato al 14 Agosto 2005